La trasfusione e il cittadino
Proporre al neofita un excursus sul pianeta sangue è un compito sicuramente delicato. E ciò per almeno due aspetti negativi nel suo approccio psicologico col problema trasfusionale. Intanto, è naturale nell’idea dell’uomo della strada l’immagine “sangue uguale dolore”, e ciò nella più ampia accezione dei termini. Anche se questo aforisma è sicuramente inopportuno e da sostituire con quello più concreto ed efficace di “sangue uguale vita”, è innegabile che il primo contatto che normalmente si ha con l’evento trasfusionale è spiacevole.
Purtroppo coloro che dalle parti nostre giungono alla donazione per una scelta di etica civile sono ancora oggi una sparuta minoranza; gli altri “aspettano che ci sia una necessità” e questa necessità è ovviamente sempre dolorosa e piena di ansie, per il malato e per chi soffre con lui e per lui. Se poi a questo si aggiunge che si debba anche “versare sangue” per il proprio congiunto, e talora senza neanche avere il tempo di pensare o di organizzarsi, allora il primo rapporto col problema trasfusione diventa letteralmente traumatico. Anche se molti di noi trasfusionisti ritengono che, come dal dolore nasce la vita, così da questo impatto traumatico possa nascere un donatore (nel senso che, verificatane l’innocuità e "passata la tempesta", il neofita possa tornare alla donazione), è di tutta evidenza che, trovare ulteriori difficoltà nel momento del dolore, fa particolarmente male; anche perché, come impostazione mentale, esiste il secondo aspetto dell’errato approccio psicologico di cui si diceva: nei confronti della donazione tutti i non donatori hanno una serie di alibi, a tutti i livelli, anche inconscio.
Intanto, circa il problema del reperimento del sangue, il cittadino ritiene che questo sia un problema e un compito non suo, ma delle istituzioni. Quindi, se non se ne trova, questo dimostra che le cose, già a livello istituzionale, non vanno: che lo Stato non funziona, che la Regione, la Provincia, il Comune o i centri trasfusionali non fanno il proprio dovere. Insomma il famoso “Piove, governo ladro”. Questo è un equivoco dal quale si deve uscire: lo dico forte e chiaro! Se una responsabilità hanno le istituzioni, specie dalle nostre parti, questa consiste nell'insufficiente attività promozionale e di sensibilizzazione mentre gli operatori tecnici del settore sono carenti specie nel compito di fidelizzazione dei donatori ma anche di informazione dell’opinione pubblica. Anzi io ritengo che perché la collaborazione, da tutti auspicata ma certamente carente dalle Ns. parti, tra queste due realtà (istituzioni e tecnici) con le associazioni (sono questi i tre cardini del compito trasfusionale) sia efficace e proficua sarebbe necessario che i responsabili del settore tecnico e di quello istituzionale fossero essi stessi donatori di sangue: solo così potrebbero entrare in una realtà dalla quale sarebbero, altrimenti, colpevolmente ed irrimediabilmente esclusi. Su queste carenze pensiamo di poter essere utili con queste nostre "notizie"!
Già, perché questa carenza d’informazione costituisce essa stessa un alibi comodo, nel quale l’uomo della strada spesso si rifugia (ovviamente però viene da chiedersi: è mai possibile che qualcuno ignori la carenza di sangue?....), e talora ricorrendo perfino a fantasiose soluzioni di tecnologia futuristica come se fossero già immediatamente praticabili. Più d’una volta taluno mi ha chiesto: “Non si trova sangue? Ma allora perché non ricorrete al sangue artificiale di cui tanto si parla?” Pensate, un paziente, o chi per lui, con le conoscenze di medicina derivategli dalla stampa, che propone al medico la sua soluzione del problema…Ma restiamo con i piedi sulla terra: non so se e quando ne disporremo, ma fino a quando non ci sarà quello artificiale (che comunque non potrà sostituire che una delle sue tante funzioni), il sangue avrà una sola fonte: il braccio dell’uomo! E purtroppo è un prodotto per il quale produttori e consumatori sono le stesse persone (col problema che i primi sono meno del 4% dei secondi). E allora, se vogliamo trovare il sangue quando ci serve, lo dobbiamo donare, noi stessi, prima. A meno che non riteniamo di cavarcela in maniera scaramantica pensando che possa non servirci mai e che comunque salterà fuori qualcuno o qualcosa che, al momento, ci salvi. Pensata furba forse, ma sicuramente non etica. Ma se così non fosse...?
E qui subentra il terzo alibi, ugualmente infondato. Il neofita di solito pensa che quando il sangue dovesse mancare, si fa richiesta ai parenti - sempre e subito disponibili -, si effettuano le donazioni senza problemi ed il paziente si opera con il sangue raccolto, comunque sufficiente. E magari quando pensa così è in perfetta buona fede, dichiarandosi e ritenendosi immediatamente disponibile in prima persona. Ma da trasfusionista ultraquarantennale vi assicuro che le cose solo raramente vanno così. Indipendentemente dal fatto che non sempre ci sono parenti disponibili ed in numero sufficiente, compatibili dal punto di vista gruppale ed in quel momento fisicamente e psicologicamente idonei, le vere gravi ed indilazionabili necessità di sangue sono quelle che riguardano le emergenze, quelle per le quali il tempo per l’approvvigionamento non è di giorni ma di minuti. Ragion per cui l’eventuale donatore non ha il tempo non solo di donare (per poi poterne analizzare il sangue ed infine compatibilizzarlo), ma neanche di essere chiamato, ammesso che di donatori ce ne siano di immediatamente disponibili. E allora, tu che mi leggi, se sei di quelli che si rifugiano dietro al famoso “mi riservo di donare il sangue quando ce n’è bisogno, per un amico o un parente, oppure nelle emergenze”, toglitelo dalla testa, non ti illudere. Ma intanto rifletti: ammesso che tutti siano realmente disponibili, ti sei mai chiesto quante migliaia di trasfusioni ci rimette la comunità con almeno due mancate donazioni annuali per ciascuno di noi dopo i 18 anni? Se invece ne potessimo disporre, il problema sangue non esisterebbe mai più. E d'altronde, come si è visto, le vere necessità, le vere emergenze non possono trovarti presente, e negli altri casi del tuo aiuto, forse, si potrebbe fare a meno!...
Ancora una volta ti stai nascondendo dietro un alibi, di cui tanti hanno già abusato, se è vero che il numero dei donatori in Italia non arriva, come s’è già detto, al 4%, percentuale questa che ci relega ad uno degli ultimi posti in Europa. Insomma il sangue è un farmaco salvavita e come tale la sua disponibilità non può fondarsi su promesse o sul dichiararsi disponibili, a parole. Il sangue in conclusione è una ricchezza: o c’è e allora siamo ricchi tutti; ma se non c’è siamo tutti poveri, senza via d’uscita. Se un incidente ci coinvolge, se una complicanza intraoperatoria mette a rischio la nostra vita, se un’emorragia improvvisa complica la nostra ulcera o accompagna la potente efficacia di una chemioterapia, se nostro figlio nasce con una malattia da incompatibilità materno-fetale per cui bisogna immediatamente cambiargli il sangue, c’è una sola soluzione: che il centro trasfusionale abbia già presente, fisicamente in emoteca, il sangue che occorre. E ciò è possibile solo se, a monte, c’è stato chi “ha steso il braccio”.
C’è infine un ultimo alibi, anzi una coppia di alibi cui ricorrono molti che non rientrano negli schemi precedenti e che sono relativi a quello che il mancato donatore ritiene essere il suo stato di salute riferito alla donazione stessa. E’ molto frequente ad es. sentirsi dire, spesso anche in buona fede: “La mia salute non mi consente di donare il sangue”. Nei molti anni in cui mi sono occupato del problema ne ho sentito di tutti i colori e mi sono state fatte le domande e le dichiarazioni più disparate. Ma un episodio ha superato ogni immaginabile: una volta una splendida ragazza, in occasione di un mio incontro con un gruppo parrocchiale, ha tranquillamente affermato di non potere donare dal momento che era… stitica (si, avete letto bene; e magari qualcuno, a ragione, potrebbe commentare: “Si, di braccio”…). Quando poi le ho chiesto chi glielo avesse detto, mi ha assicurato candidamente: “Il mio medico!”… Ma, tornando al problema, a coloro che ritengono la donazione non adatta al loro fisico è facile obiettare: ma tu, come puoi dire di non essere in condizione di idoneità donazionale se non conosci neanche i limiti fisici per la donazione e i motivi reali di inidoneità?
In secondo luogo, più volte mi sono sentito dire: “Ma se poi comincio a donare il sangue, è vero che non posso più smettere?” In risposta potrei fare due considerazioni: una ovvia e l’altra da verifica personale. Nell’ordine: prima o poi tutti smettono; non mi è mai capitato di sentir dire che qualcuno ne abbia avuto fastidi o problemi; io stesso, "in pensione" come donatore da 6 anni, alla sospensione dalle donazioni non ho accusato alcunché né ho avuto modifiche di alcuno dei miei parametri bio-umorali. La seconda: personalmente ho smesso due volte; la prima, dopo un intervento sul fegato, per 2 anni e la seconda (perché sembrava mi fossi inquinato col sangue di un donatore) per 5 anni. Ho smesso e poi ho ripreso assolutamente senza nessun problema. E ancora, per mostrarvi dove si può arrivare con queste fantasticherie, ricordo che alcuni anni fa in una cittadina del Ns. interland c’è stata un’improvvisa defezione in massa dalle donazioni perché due donatori, a distanza di pochi mesi, si erano ammalati di leucemia: dunque la donazione di sangue causava la leucemia! Sembra a tutti un motivo sufficiente per evitare le donazioni?.. O solo per ridere?
Rifugiato in qualcuno di questi alibi, il non donatore vive… tranquillo, con la coscienza a posto. Al contrario, io le coscienze voglio turbarle: al di là di tutti questi alibi, io chiedo ad ognuno un piccolo (o grande?) sforzo di apertura mentale, che è poi anche di semplice disponibilità all’informazione: leggiamo le pagine che seguono con serenità ed obiettività, magari solo per saperne di più. Comunque cresceremo!
Per poterci definire “individui socialmente utili” e degni di una società moderna ed efficiente dobbiamo adoperarci per porre, anche per l’aspetto salute, l’uomo al centro delle problematiche sociali e come il fine ultimo dell’operare di tutti. In questo sforzo la via maestra è quella della solidarietà. E uno dei cardini della solidarietà è la donazione di sangue!