Donare sangue è utile anche al donatore
Parlare di utilità della donazione per lo stesso donatore, vi assicuro, non è una forzatura. Anzi, di un primo aspetto favorevole di essa si è già parlato ed è già nel Ns. bagaglio culturale, anche se la stessa tradizione popolare lo dava per scontato: si tratta dello stimolo che sulla produzione di sangue nuovo viene esercitato dal prelievo stesso. Tutte le macchine, lo sappiamo, vanno tenute in attività, in esercizio per garantirne un adeguato funzionamento. E’ così anche per il corpo umano: il sistema ematopoietico produce ogni giorno e per tutta la vita 200 miliardi di globuli rossi, 50 di globuli bianchi e 125 di piastrine (differenze che si spiegano da un lato con il numero dei singoli elementi circolanti e dall’altro con la durata della loro vita: 5-7 giorni per globuli bianchi e piastrine e ben 120 per i globuli rossi).
Ovviamente queste performances midollari variano a seconda dei soggetti e delle esigenze momentanee: meno sollecite ad es. nel maschio, nell’età di mezzo e specie nei vecchi, più solerti nel giovane, nella donna e specie nella gravida; ed anche a seguito di un’emorragia. E quindi anche di un prelievo per donazione di sangue!
E’ insomma un po’ come per tutti i Ns. organi: è esperienza di tutti i giorni che se, a seguito di un trauma ad un piede, restiamo a letto per un mese, alla fine ci ritroviamo con degli arti inferiori più “magri” perché ipotrofici dal non uso; sono state studiate lesioni sull’organo della vista in caso di lunga permanenza al buio; nell’audio degli astronauti immersi nel silenzio del vuoto si è dovuto diffondere un sottofondo acustico per evitare disturbi dell’udito. Ma, anche senza arrivare a considerazioni di livello specialistico, restando al non addetto ai lavori, anche il c.d. uomo della strada ci dirà che, a seguito della donazione, “il sangue si rinnova”, volendo con questo sottintendere un processo benefico per l’intero organismo. Ma non è questo l’unico aspetto utile della donazione.
Cinquant’anni fa un grosso problema sanitario della nazione tutta del dopoguerra era la denutrizione con la conseguente tendenza all’anemia. Oggi nel mondo occidentale il problema è l’opposto: siamo superalimentati, supernutriti ed abbiamo più sangue di quanto ci occorra, tanto che tra le cause più importanti di mortalità e morbilità c’è il rischio cardiocircolatorio legato spesso all’ipertensione ed in definitiva all’eccesso di volume circolante. Pensate, in caso d’intervento (in particolare su arti e piccolo bacino) per evitare un ulteriore aumento del rischio trombotico - dovuto all’immobilità - si consiglia l’autotrasfusione mediante predeposito: prelevare cioè al soggetto una o più sacche di sangue, sicuramente con lo scopo di accumulare una scorta da impiegare durante l’intervento, ma anche di emodiluire (cioè di rendere il suo sangue meno ricco) il paziente. Egli con un ematocrito più basso (col sangue meno denso) da un lato cede meglio l’ossigeno ai tessuti e dall’altro rischia meno la trombosi postoperatoria. Vedete quindi come la donazione possa essere anche una profilassi. E gli americani, alla fine degli anni ’90 hanno dimostrato con studi incontestabili su centinaia di migliaia di soggetti che nei donatori di sangue il rischio cardiocircolatorio è significativamente ridotto. E una più recente conferma -anche se su numeri più limitati- è venuta dalla scuola del finlandese Kuopio, che ha verificato in oltre 3700 adulti, studiati per 8 anni e mezzo, 316 casi di infarto tra i non donatori ed uno solo tra i soggetti donatori.
Ciò senza voler parlare di certe forme patologiche (come l’emocromatosi) o parafisiologiche in cui il salasso è il trattamento di elezione. E d’altronde chi dei meno giovani può aver scordato che questa procedura era tra le poche terapie standardizzate della vecchia medicina, ad es. per l’ipertensione? (“schola medica salernitana docet”).
Ma l'utilità della donazione per il donatore non si limita agli aspetti di cui s'è detto. Si dice che la donazione, mentre salva la vita al malato mantiene in buona salute il donatore: non è un semplice slogan. In altro capitolo parleremo delle analisi praticate su sangue raccolto. Prevedendo tali esami, oltre a garantire la qualità del sangue da trasfondere, la Sanità s'impegna ad aiutare i donatori a conservare il proprio stato ottimale di salute. Ma io ho verificato in prima persona che alcune amministrazioni (es. in Emilia), ben consapevoli della preziosità del donatore, prevedevano per essi una serie di vantaggi nella vita quotidiana: sconti sui bus (fino alla gratuità di notte), al cinema, nei musei, nei parcheggi, allo stadio ecc. e fino all'esenzione, sia pure parziale, sui tickets sanitari (anzi ricordo che molti anni fa fu presentata una proposta di legge in tal senso, che rinviava però i dettagli ai decreti applicativi....che non vennero mai alla luce); ancor meno è pensabile ai gg. nostri. Ma già gli esami postdonazionali di oggi possono rappresentare una buona prevenzione. Con i problemi della Ns. Sanità (sempre minori disponibilità, tickets sempre più onerosi -nonostante i famosi L.E.A.-ecc.), vedersi arrivare a casa dopo la donazione i risultati degli esami non è poco. Vi assicuro anzi che non sono pochi quelli che, anche dichiaratamente, donano il sangue per tenere sotto controllo la propria salute.
Di vera e propria medicina preventiva poi si può parlare se pensiamo alle tutele che alcune associazioni prevedono per i propri donatori, ad es. la profilassi antitumorale e cardiocircolatoria, che sono dei punti qualificanti nella prevenzione sanitaria dei gg. nostri e che l'Associazione dei donatori di sangue dell'Ospedale di Salerno (la V.O.S.S.) assicura ai propri associati intendendo restituire quella salute che essi donano ai Ns. malati.