Le analisi sul donatore

     Innanzitutto diciamo subito che forse faremmo meglio a parlare di analisi sul sangue donato. Abbiamo visto infatti che, già prima dell’accettazione, vengono praticati degli accertamenti (emocromo in particolare) che hanno lo scopo di assicurarci che la donazione non possa danneggiare il donatore. Dopo il prelievo ovviamente ci si garantisce che il sangue raccolto non possa nuocere al ricevente. Vengono quindi eseguite due serie di esami: una prima indispensabile, per legge, alla idoneizzazione stessa dell’unità ematica e che riguarda quelle malattie infettive - epatiti, lue ed AIDS in primo luogo- che possono essere trasmesse attraverso il sangue.

     Per inciso, in caso di positività o anche di valori indeterminati - o border line, come li chiamiamo noi - per uno qualsiasi di tali tests, si passa ad un secondo ed eventualmente ad un terzo livello di esami, previa richiesta del medico curante. Un secondo gruppo di esami riguarda poi ogni donazione, quasi un omaggio al donatore (e come tale variabile da centro a centro) e, anche se limitati dagli ultimi decreti, consente un monitoraggio delle funzioni epatica, renale, endocrina, metabolica e del bilancio dei grassi.

      Pressoché esclusivo del donatore periodico è poi il monitoraggio del bilancio del ferro, soprattutto nel sesso femminile.Ciò a causa del fatto che le periodicità, unite a donazioni ravvicinate, potrebbero portare ad un bilancio negativo del ferro che è importante conoscere per evitare la sideropenia, che oggi è anche più frequente per la non rara limitazione (che oggi "va di moda") nel consumo di carne, legumi, verdura o frutta e per alcune improvvisate diete dimagranti. Prendere coscienza del problema consente di rimuoverlo ancor prima che si presenti o rallentando la frequenza delle donazioni oppure orientando il dono verso emocomponenti, il plasma in particolare, che non impoveriscano di ferro. Altra soluzione che salvi “capre e cavoli” è l’integrazione della dieta con prodotti farmaceutici (che fungono da veri integratori dietetici) di cui alcune associazioni di donatori come la V.O.S.S. provvedono a rifornire i propri iscritti, come vedremo in altro capitolo. Ovviamente tutti questi esami di cui si è parlato rappresentano un primo livello di massima dal quale, in caso di qualche positività, è possibile partire per ulteriori percorsi diagnostici, comunque preziosi. Infatti di tutte le analisi, di quelle pre e di quelle postdonazione, vengono inviati (col cartellino di gruppo) i risultati fino al domicilio del donatore. Cosa che gli consente, magari con la collaborazione fra trasfusionista e medico di fiducia, di tenere sotto controllo costante il proprio stato di salute. Anzi c’è qualcuno che, come detto altrove, dona il sangue proprio allo scopo di controllarsi senza alcuna spesa. Non sarà la motivazione più nobile per una donazione di sangue, ma.....il ricevente non se ne accorge! Ed è pur sempre una fonte di approvvigionamento di cui il Centro Trasfusionale non può che essere grato al donatore. E’ inutile dire che gli stessi esami possono essere praticati, qualora il trasfusionista ne riscontri la necessità, sul donatore periodico al di fuori della donazione stessa, semplicemente per controllo.

      Ma vi dirò di più: come ospedaliero, praticamente mai ho avuto rifiuti dai colleghi delle varie divisioni ai quali chiedevo una visita di controllo che si rendesse necessaria od utile per la salute di un mio donatore. In questa nostra Italia, in cui in campo sanitario l’unica parola d’ordine sembra essere “risparmio”, non è davvero poco: a buon diritto dunque si può parlare, tra i compiti istituzionali dei S.I.T., di un’efficace medicina preventiva. Efficace si e a tutto campo, non solo della patologia ma anche dalla fisiologia. Si sente infatti spesso dire, e a ragione, che quella trasfusionale è la medicina dei sani: ciò significa intanto che, rivolgendosi ad una popolazione sana per definizione e sufficientemente ampia, ci aiuta a fissare meglio i limiti di demarcazione di ciò che è normale per il genere umano (es. numero di globuli bianchi, livelli di colesterolo, transaminasi ecc.). Poi significa che il controllo continuo e ravvicinato di certi parametri importanti consente una più precoce rilevazione del discostarsi dalla norma; infine che, creando nel donatore la coscienza che il suo sangue non è solo…suo, lo aiuta, senza che se ne accorga, nella conservazione del proprio stato di salute (e di uno stile di vita....."sano"). Nell’ambito della patologia poi, particolarmente utile è la multidisciplinarietà di questa prevenzione. Infatti, a differenza di molte iniziative che riguardano solo un settore sanitario limitato, questa profilassi, spaziando su tutti gli ambiti cui si è fatto cenno, può davvero essere preziosa per il mantenimento dello stato di salute del donatore, specialmente se viene allargata ad una serie di screening offerti da talune associazioni di donatori, come vedremo per la V.O.S.S. in altro capitolo. E l’utilità di questa prevenzione, vi assicuro, ha un continuo riscontro sul campo solo che si consideri le moltissime patologie, in fase di esordio o del tutto asintomatiche, che giorno per giorno vengono evidenziate con le donazioni, prima che diano segno clinico palese e non solo nei donatori occasionali. Aggiungo anche, non sono pochi i donatori che sono rimasti legati da gratitudine a noi trasfusionisti perché li abbiamo allertati su problemi anche gravi, affidati poi al loro medico di fiducia.

     Potrebbe bastare un esempio banale per tutti: di recente un collega, venuto per donazione e che lavora in guardia medica, si complimentava con noi per la precocità con cui, anticipando perfino il curante, facciamo diagnosi di ipertensione, offrendo poi ai donatori che ne facciano richiesta anche assistenza presso il Ns. cardiologo di riferimento (ne parleremo nel prossimo capitolo tra le tutele che la V.O.S.S. prevede per i suoi associati).

      Verrebbe dunque da concludere che la donazione di sangue, se è salvavita per il ricevente, potrebbe essere definita “salvasalute” per il donatore!